La mia scrittura non appartiene ad un percorso autobiografico, ma è piuttosto è un punto di osservazione emozionale del mondo che mi fa da sfondo, uno sguardo attento verso tutto ciò su cui sono scivolata, inciampata, mescolata nel mio percorso di vita. “Andar per versi” è un continuum rispetto ai libri precedenti in particolare degli ultimi due “Un corpo dopo l’altro” e “Dialoghi imperfetti”.
In quest’ultimi sono partita dal corpo-anima per arrivare al dialogo-monologo con interrogativi, proposte, scoperte, insomma un laboratorio di pensieri … Ma anche in “Immagini capovolte” e nel primo “Così su due piedi” è presente una ricerca che va oltre i confini delle vicende personali, verso una prospettiva diversa di uno scenario universale. La mia attenzione è sempre stata in particolare rivolta al mondo femminile, dove sento emergere i grandi interrogativi sull’essere donna in un mondo ancora fortemente declinato al maschile.
La prefazione di “Andar per versi “inizia così: In una scena di un famoso film Totò fa una domanda ad un vigile urbano di Milano: “Volevamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?” Forse questa frase, che sicuramente fa sorridere, ma riletta con attenzione fa molto pensare, racchiude tutte le domande che continuamente ci facciamo. Perché l’andare, il viaggio, lo sappiamo, è la metafora della vita e, sempre nella metafora, l’informazione richiesta non è sicuramente semplice e altro non è che quella continua ricerca che ha coinvolto, coinvolge e coinvolgerà da sempre l’umanità. È un’odissea senza un progetto predeterminato, un percorso ricco di curiosità, non teso verso uno specifico sapere, ma al senso dell’esistere, accompagnato dalla lucida consapevolezza, che non si troverà mai. Serendipity significa scoprire o trovare qualcosa per puro caso, mentre magari si stava cercando altro. La poesia Serendipity presente nella parte “L’andare dell’andare” è forse quella che più rappresenta il senso della raccolta: “Non so dove andrò/o dove mi porterà il tempo/preziosa certezza/di non avere meta/ma solo prospettiva/di un orizzonte sognato”
Io non so come rispondere alla domanda “Come nasce in me la poesia?”. La poesia mi conduce fin da bambina, è dentro di me, mi abita e mi accompagna nel quotidiano. Per citare il grandissimo poeta Pablo Neruda: “Accadde in quell’età…La poesia/venne a cercarmi. Non so dove/sia uscita, da inverno o fiume.” Ecco è proprio così la poesia mi cerca, come cerca tutti i poeti, appare e scompare, possono passare anche alcuni mesi senza che io scriva una parola, come possono esserci giorni che non mi stacco dal foglio, o meglio ormai dal computer. La poesia fa parte di me, mi cammina accanto, a volte corre con me…Accelero il passo/-gioia improvvisa-/un piede dopo l’altro, sempre più veloce, più veloce, /ho tanta voglia di correre accanto alla poesia.
Ho già scritto su questo argomento, potrei raccontarvi la mia storia e tutte le cose importanti o meno che mi sono accadute. Potrei raccontarvi come sono e cosa penso, ma alla fine tutto ciò aiuterebbe a leggere o ascoltare la poesia? Forse, ma non credo. Tempo fa ebbi modo si scrivere sulle pagine del mio sito: “Le notizie sulla vita di un poeta (…) destano generalmente più curiosità o noia che comprensione dell’opera. (…) A volte chi legge tende a frugare tra i versi alla ricerca dell’esperienza dell’autore, del collegamento con la sua vita, con l’idea di poter afferrare meglio il significato. Invano, perché scrivere è si pratica di vita, ma è soprattutto ricerca dell’universale”.
La penso ancora così, ma non mi sottraggo alla mia biografia e nel sito comunque la troverete.
Posso aggiungere che mi piace incuriosire, provocare e mi piace cercare tra le righe. Nei miei testi aggiungo sempre qualche poesia che provoca, qualche piccolo segreto da decifrare.
“Andar per versi” è un libro che nasconde tante piccole curiosità da scoprire nelle sue pagine. Per me scrivere un libro significa aderire anche ad una specie di schema/rito.
Ad esempio perché 66 poesie? È casuale o ha un significato? Gli altri libri quante poesie avevano?
Le citazioni hanno qualcosa in comune?
E sul disegno della copertina cosa c’è scritto?
Ci sono pagine non numerate? e perché?
Ma io ci ho messo la faccia?
Interpretare un libro di poesie in forma grafica per farne una copertina. È ciò che ho realizzato per Patrizia ed è il secondo. Ho letto le poesie e come immagine ne è uscito un flusso di grafie con parti dei testi che più mi avevano colpito. Perso nei versi, ho proceduto con moto di penna, andando per flutti, correnti, come nell’incedere dei versi contrapposti e graffiti con tonalità calde e oscure.
Ho parlato di mare, che è nella natura mediterranea di Patrizia, del colore caldo del sole e dell’oscurità nella sua assenza. Le correnti scorrono, in forma d’acqua (salata) e in difformità di anime erranti, vagabonde implorazioni ai quesiti dei misteri dell’anima e dei destini. Una dedizione mai doma, esploratrice dei segreti, anima viaggiatrice fottuta da un’estrosa bussola.
Beppe Mora