Così su due piedi
Prefazione
E’ una scelta coraggiosa quella di partire dai piedi, rinunciando alle ambizioni della testa, in un mondo dove il virtuale ha preso il posto del reale.
Questi versi sono il frutto del lavoro della mente, dell’animo e del cuore.
Si affidano al corpo per giungere all’altro (all’altra) e stabilire un legame di senso.
Sono silenziosi perché la consapevolezza di dover badare a se stessi toglie fiato alla propria voce.
Sono suoni che si sono impadroniti dei significati dell’uomo per creare un altro linguaggio.
Esprimono un conflitto che cerca dignità, per stabilire un ponte fra sé e il mondo.
Il rifiuto non fa parte del coraggio di vivere, ci vuole altro.
E tutte le risorse sembrano già consumate.
L’interiorità è il rifugio del viandante senza meta.
E questi versi indicano una strada che non porta da nessuna parte.
Un lavoro inutile?
Non c’è speranza nella delusione della vita.
Eppure si continua ad andare avanti, per rispettare un destino che non ci appartiene più.
Questo è un manuale di sopravvivenza.
Nasce dalla esperienza quotidiana di una donna che accudisce le proprie creature.
E, poi, si domanda dov’è finito il suo diritto di vivere.
Fino a che punto i suoi giorni sono spezzati dal tempo maschile, che produce tristezza.
E’ giusto ristabilire il senso dell’esistenza, quando l’uomo continua a rompere tutto?
La memoria ha cominciato a scrivere la propria biografia, per celebrare un passato che sa di sconfitta.
Allora, questi versi, e tutti gli altri, andrebbero bruciati sul rogo dell’inutilità.
E’ ancora ammesso avere debolezze?
L’amore è liquido e, in questo caso, si riempie di lacrime.
Nel corpo di lui si celebra una nuova speranza.
Il ritmo mentale e biologico del desiderio e della passione.
Cambia musica e i giorni si animano come bambini che giocano.
Anche la felicità esiste.
Per un attimo, quando il corpo amato non litiga più con l’incertezza di un sì.
Ubriachi di emozioni, i versi danzano sul foglio incredulo.
Prima che le ombre della sera coprano i sogni di rimpianto.
La poesia si veste con abiti preziosi per danzare il destino delle donne.
La trasgressione non conta. E’ la proposta di cambiamento che apre nuovi orizzonti di senso.
I legami si formano con l’intensità delle proprie scelte, in una dimensione della libertà che è coscienza di sé.
Proposta d’amore che diventa spazio esistenziale.
Forse, solo per coloro che sanno cogliere l’idea di movimento.
Così su due piedi, come vuole il destino.
E le mani frugano tra le emozioni per trovare altri versi con i quali nominare i giorni.
La carne prende la forma del piacere che, finalmente, non è più merce di scambio.
Il gioco della vita si arricchisce di altre possibilità.
La scoperta di non aver sprecato il proprio tempo.
Perché era necessario passare attraverso le esperienze che formano la coscienza.
Ora, tutto è più chiaro. Solo per alcuni però.
Non per chi sta indietro a litigare con il passato.
Approfittando del fatto che la modernità ha fagocitato il futuro.
Le diversità formano il mazzo di carte con il quale le persone si disputano gli ultimi premi della vita.
Sulle labbra un sorriso, come una sigaretta che si consuma lentamente.
E, intanto, la notte fa ancora sognare.
Fragole
L’amore è banale
tutti lo conoscono
lo vogliono, lo invidiano
lo celebrano, pensandolo speciale.
Invece è comune, ordinario,
persino un po’ volgare,
averlo è facile
perderlo è scontato.
Una storia unica,
perfettamente uguale alle altre.
L’amore è banale,
ma ha il sapore delle fragole del mio giardino:
sa di sole.
Chissà poi se il gusto delle fragole di giugno
è per tutti così rosso e caldo?
(…)
(dolce)
Dipendenza
Mi abbuffo di riflessioni
bulimia di pensieri
non trovo libertà
cerco il vuoto
nauseata dalla pienezza
vomito parole.
Punto
Bambina guardavo confusa
scorrere sentimenti incomprensibili
solo il corpo mi parlava
nelle sere d’autunno
stesa immobile
ad ascoltare il subbuglio dell’animo.
Gli adulti non avevano parole
neppure fra loro
solo i gesti del quotidiano
per me inutili.
Allora cercavo un punto
magari lontano
magari incerto
ma un punto
per iniziare pensieri
riconducibili a me.
Più tardi qualcuno ha detto:
“Ti hanno bloccato il padre”.
Ho masticato pensieri
a lungo con lentezza
ho ruminato decisioni.
Poi ho avvistato un punto.
A volte fatico a focalizzarlo
con gli occhi dell’età
tanto è vicino
appiccicato a me.
Mare
A metà del giorno
sale sempre il vento
è il mare che respira
e mi porta addosso
l’odore aspro del suo alito.
Sale anche un ricordo antico
zuppo di emozioni
forte di sale
codice indelebile del mio Dna.
Cerco il volto di mio padre
perso dentro una nuvola
disegno di un’infanzia poco compresa.
Offro tutto il corpo al vento
al luccicare del mare
alla sabbia calda
all’altalena della schiuma.
Cerco un volto che credevo noto
oramai sfumato da ricordi inafferrabili
lo so, ho rischiato di non essere.
Oggi il rumore del mare
mi copre tutta la vita.
Rughe
Sospendiamo il mondo
appendiamolo al gancio dell’irreale
restiamo così vicini
a guardarci le rughe
scorrere sulla fronte.
Luna
Uno spicchio di luna
dimenticato dalla notte
sospeso accanto ad una nuvola
sembra non c’entrare nulla
con questo cielo azzurro.
Cerco ancora parole nuove
inutilmente consulto il vocabolario,
edizione “L’Esistenza”.
Ci sono tutte.
Sempre quelle.
Sono già state raggiunte
tutte le combinazioni?
o posso inventare nuove frasi?
o un nuovo verso?
Possibile?
…
già tutto scritto
…
già tutto detto.
Confido in nuove calligrafie
Confido in nuove tonalità di voce
Confido in questo assonnato spicchio di luna.
Chirurgia
Eseguo piccole resezioni
con grande abilità,
frutto di lunga esperienza.
Recido escrescenze di pensieri
poi ricucio con il filo della riconciliazione
un nuovo ordine ben studiato
ricostituito
deciso a tavolino
con moderna tecnologia,
con anestesia calibrata,
con analgesia postoperatoria già stabilita.
…
Devo continuare a vivere
anche in questo silenzio
che grida da dentro
e batte pugni sul cuore.
Devo pur continuare …
anche con un microtomo in mano.
Pausa
Resterei così
almeno per un po’
a sentirmi vivere in superficie
XX gocce
Le gocce della fleboclisi si sgranano lente
a volte una goccia segue l’altra
senza rispettare il ritmo,
poi il flusso continuo nel tubicino
infine l’ago sottile,
trattenuto da un cerotto bianco,
infilato in una vena del dorso della mano.
Mano dalle vene azzurre, grosse,
mano dalla pelle spessa,
con segni bruni del tempo,
mano nodosa di vecchia
che tormenta nel dormiveglia un lembo del lenzuolo,
lo piega tra le dita, poi lo stira col palmo
gesti lenti, infiniti,
di una cadenza inutile.
Lo sguardo va dalla goccia alla mano,
dalla mano alla goccia,
ma la mente non segue,
è inconsapevole di tanta ritmicità
rifiuta questo rosario di sofferenza.
C’è un raggio di sole che ora penetra la finestra,
si allunga sul letto e taglia il braccio steso lungo il fianco,
una striscia calda di luce primaverile
che entra nell’immobilità del tempo di un letto di ospedale.
Il giorno ignaro di questa stanza
scorre fiacco nel pomeriggio domenicale,
senza spiegazione né consolazione,
insensibile all’aria colma di respiri faticosi.
Eppure devo accettare anche
quella ferita fresca sulla testa ben rasata,
perfettamente ricucita
dall’esperienza della chirurgia.
Devo (ad ogni costo devo)
sopportare le palpebre che si sollevano,
gli occhi che ti guardano,
per chiedere parole: quelle non altre.
Devo poi trovare parole da offrire gratis,
convincenti come carezze delicate
da far scorrere su questa pelle ormai stanca,
ma ugualmente mortificata di seccarsi di vecchiaia.
Per il dolore d’anima: XX gocce di parole x 3.
Lei su quel letto diventa ora il mio specchio
dove guardare un futuro
pregando
di non essere travolta dalla paura.
Figlio
Di notte divento ladra.
Furtiva seguo un fascio di luce
dal corridoio fino al tuo cuscino.
Voglio rubare
l’immagine del tuo volto addormentato
con quella ciocca castana sulla fronte,
voglio rubare
(di giorno rifiutato)
un gesto per scostarla.
Nel silenzio dell’insonnia
ti avvolgo possessiva
in un abbraccio appassionato del mio sguardo.
Mi stupisco di te
che tu possa esistere,
così ora,
come sei,
addormentato,
sconosciuto,
in questo nuovo odore di uomo.
Così su due piedi
Cammino ben appoggiata a terra
in buon equilibrio, quasi stabile.
Poche volte affondo o scivolo nel fango.
Altre invece mi stacco dal suolo,
quasi un volo radente,
avanzo leggera.
Un po’ riposo sull’erba
a pensare nuove strade.
Percorro il mondo.
Attraverso la vita.
Così su due piedi.
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